Due giovani pesci nuotano insieme quando incontrano un pesce anziano che chiede loro: "Com'è l'acqua oggi?" I due proseguono perplessi, chiedendosi cosa sia l'acqua e se il pesce anziano non fosse un po' "scombinato"...
Questo semplice aneddoto serve a illustrare come spesso ciò che sembra ovvio non sia sempre visibile o compreso da tutti. È essenziale saper distinguere tra ciò che è fondamentale e ciò che è secondario per ottenere risultati migliori e più rapidamente.
Il mio obiettivo è renderti consapevole e informato sulla tua salute, soprattutto per quanto riguarda la colonna vertebrale, che ha un impatto importante su tutto lo scheletro. Per esempio, spesso i problemi di artrosi al ginocchio sono collegati a disfunzioni biomeccaniche della colonna.
Analogamente, non ha senso fare terapie senza una diagnosi precisa, né interventi più complessi o invasivi del necessario. Se il mio scopo è decomprimere e migliorare la funzionalità dei nervi risparmiando tessuti e riducendo i rischi, questo diventa il mio approccio principale.
La chirurgia vertebrale, come ogni tecnologia, evolve in modo diverso. Alcuni strumenti, come i cellulari, si migliorano continuamente; altri, come il cucchiaio, non cambiano perché già svolgono perfettamente il loro compito.
Prendiamo l'artrodesi. Una volta rappresentava lo standard nella chirurgia spinale perché offriva una visione diretta delle neurostrutture. Con l'introduzione della neuronavigazione, oggi possiamo eseguire interventi con maggiore precisione, ma questo strumento non è sempre necessario.
Gli interventi a cielo chiuso o percutanei, che sfruttano una conoscenza dettagliata dell'anatomia e l'uso dei raggi X in sala operatoria, offrono benefici reali. Qui, l'uso di strumenti avanzati come la neuronavigazione può essere meno rilevante rispetto al "miglioramento" del cucchiaio: non sempre necessario.
Il mio approccio è sempre selezionare la tecnica che offre il miglior risultato con il minor impatto per il paziente, sia in termini di intervento che di tecnologia usata.
E per quanto riguarda i raggi X in sala operatoria? Se eseguito con cura, l'intervento può comportare meno esposizione ai raggi rispetto a sistemi più complessi.
Forse un giorno avremo chirurghi robot che operano in autonomia, ma la domanda resta: questa evoluzione sarà così significativa da abbandonare il nostro "cucchiaio" in favore di qualcosa di completamente nuovo?
La ricerca scientifica continua proprio perché nulla è mai del tutto chiaro. Ma una regola rimane: meno è spesso più.
Ai miei maestri.
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