A tutti noi capita di provare dolore, in quanto è un’ esperienza normale che fa parte della nostra vita. Ma perché esiste il dolore? Che funzione ha?
Approfondire la visione che abbiamo del dolore e capire meglio il suo significato ci può aiutare nella sua comprensione, nella sua gestione, e nel suo trattamento.
Al termine di questa lettura avrai una visione diversa del dolore, più moderna, che ti aiuterà a comprendere la tua condizione e a comportarti di conseguenza.
Si è portati a pensare che il dolore ci informa qualora ci sia un tessuto lesionato/un danno nel nostro corpo, qualcosa quindi che riguarda il passato, una conseguenza di un fatto. Pensiamo al dolore come un nemico da eliminare il più presto possibile.
La moderna scienza del dolore ci ha ormai dimostrato come il dolore possa anche essere presente senza un danno fisico reale: esso riguarda il futuro: proviamo dolore quando percepiamo di essere in pericolo. Il dolore, quindi, nasce per evitare di peggiorare la nostra condizione in futuro, ci protegge da un’ipotetica lesione o, se già avvenuta, da una lesione ancora maggiore.
Il dolore è quindi da intendere come un fondamentale protettore, una sensazione che si prova affinchè il comportamento venga modificato e il pericolo rimosso.
Partiamo con un esempio che dovrebbe essere concettualmente più semplice: il dolore che proviamo a seguito di un danno tissutale (un taglio, una botta, una lesione muscolare, legamentosa, una frattura etc).
Immaginiamo che di esserci scottati con una pentola.
Perché proviamo dolore?
La risposta è perchè il nostro corpo vuole proteggere quella parte lesionata da un ulteriore danno che avverrebbe qualora continuassimo a muovere quella parte come se nulla fosse successo, non per la lesione in sè. Il dolore continuerà finché il nostro cervello “crederà” che c’è bisogno di protezione.
Il dolore non nasce quindi come una punizione per il danno subito quanto più come un allarme che ci ricordi cosa è successo e ci aiuti ad agire di conseguenza.
Esso rappresenta quindi una grande motivazione a fare qualcosa, a mettere in atto un nuovo comportamento. Quando proviamo dolore siamo altamente motivati a fare qualcosa per non sentirlo, per uscire dalla situazione di sofferenza.
Pensiamo ora ad alcune caratteristiche del dolore, ad esempio sappiamo che il dolore “fluttua” di momento in momento, di giorno in giorno e di contesto in contesto.
Come spieghiamo queste fluttuazioni?
Abbiamo detto che il dolore è un protettore, vuole impedirci di farci male, pertanto finché il cervello “crederà” che c’è bisogno di proteggere una parte del corpo in pericolo produrrà dolore al fine di mettere al sicuro quella regione del corpo.
Questa “credenza” può durare per un tempo indefinito di giorni, mesi, anni. In quei momenti in cui il cervello avverte maggior pericolo aumenterà il dolore mentre quando avvertirà una situazione più sicura ridurrà il dolore. Questo modello ci spiega come sia possibile provare dolore per un tempo che va oltre la guarigione tissutale e che sia “fluttuante” nel tempo.
Il cervello scannerizza in continuazione tutte le informazioni che gli arrivano dando una risposta in tempo reale.
Possiamo pensare ad una bilancia a due piatti in cui il cervello “pesa” le informazioni che arrivano. Se le informazioni dal corpo e dall’ambiente vengono interpretate come “pericolose” saranno su un piatto della bilancia mentre se vengono interpretate come “sicure” vengono poste sull’altro piatto.
Se la bilancia pende verso il “pericolo” il cervello sceglierà il dolore come risposta protettiva mentre se la bilancia pende verso il “sicuro” non verrà prodotto dolore.
Quello che può accadere è che con il passare del tempo il cervello diventi sempre più sensibile nella risposta protettiva interpretando più facilmente le varie informazioni provenienti dal corpo e dall’ambiente come fonti potenziali di pericolo anche quando in realtà non lo sono. Procedendo ancora nel tempo il cervello farà avvertire dolore al solo tentare o, addirittura pensare, di compiere un movimento. Arrivati a questo punto capiamo come non siano i tessuti a creare il dolore ma, bensì, l’elaborazione errata delle informazioni.
TAKE HOME MESSAGE:
- Il dolore non è una misura proporzionale del danno subito, può a essere amplificato o ridotto a seconda di molti fattori.
- Il dolore è l’unità di misura del PERICOLO percepito, quindi può esistere dolore senza danno e viceversa danno senza dolore.
- Il dolore ha un ruolo protettivo, è una motivazione che ci porta a cambiare il nostro comportamento.
- Articolo a cura di Mattia Guzzetti