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Quali esercizi posso fare per la discopatia degenerativa?

Esercizi per la discopatia degenerativa con il Dr. Vito Lavanga
Esercizi per la discopatia degenerativa con il Dr. Vito Lavanga

La discopatia degenerativa è una patologia della colonna vertebrale lombare caratterizzata da un indebolimento del disco intervertebrale che va incontro a fenomeni di disidratazione delle sue componenti, diminuzione della sua resistenza alle sollecitazioni funzionali e, negli stadi più avanzati, a un assottigliamento con riduzione dello spazio tra una vertebra e l’altra. Questo indebolimento è generato da sollecitazioni abnormi che il disco può subire causati da sovraccarico, da traumi, o in misura percentualmente maggiore, da una cattiva efficienza del comparto muscoloscheletrico.

 

Poiché, per le ragioni suddette, oltre che ad essere una delle principali cause di mal di schiena nella popolazione adulta è anche una patologia frequente anche in soggetti in giovane età (spesso, ma non solo, legata all’attività sportiva agonistica) è fondamentale la valutazione dello specialista che in base a numerosi parametri e alla visita del paziente, proporrà il trattamento più opportuno, che in prima istanza è quasi sempre non chirurgico.

 

Il trattamento conservativo diventa quindi competenza del Fisioterapista, figura professionale sanitaria dedita, tra le altre cose, alla rieducazione funzionale.

 

L’approccio riabilitativo che dovrà sempre essere personalizzato, sulle indicazioni dello Specialista, ha tra gli obiettivi principali quello di generare una migliore stabilità del comparto disco-vertebrale, per minimizzare l’effetto delle sollecitazioni quotidiane, ordinarie e straordinarie.

 

I muscoli intorno alla colonna possono essere idealmente suddivisi in “movers”, più superficiali e lunghi, quelli deputati al movimento volontario facili da attivare ogni qual volta decidiamo di spostare un segmento del nostro corpo, e “stabilizers”, più corti e profondi, ad attivazione “involontaria”, che si occupano di garantire la stabilità (mantenimento di una posizione corretta), lavorando in endurance = resistenza, e che sono più difficili da allenare.

Obiettivo terapeutico, sarà quindi quello di imparare ad utilizzare meglio questi muscoli stabilizzatori ed allenarli alla fatica, in modo che siano poi in grado di svolgere il loro compito in continuità durante i diversi momenti e le diverse attività della giornata.

 

Gli esercizi isometrici, quelli cioè che allenano la forza mantenendo la loro lunghezza (a differenza degli eccentrici che lavorano in allungamento e dei concentrici che lo fanno in accorciamento) rappresentano quindi a buon diritto gli esercizi da privilegiare in questa fase.

Nella prima parte del progetto riabilitativo vengono eseguiti in posizione supina (a pancia in su) ad occhi aperti, per passare, in una seconda fase a ripetere l’esercizio ad occhi chiusi.

 

Possono richiedere l’uso di semplici sistemi di bio-feedback (più professionali come lo Stabilizer o più accessibili, come un asciugamano arrotolato) posizionati sotto il tratto lombare e deputati a far “sentire” meglio la zona da esercitare.

 

Al paziente, sdraiato con le ginocchia piegate, viene chiesto di comprimere delicatamente la colonna lombare contro l’asciugamano e di mantenere la compressione per almeno 15/20 secondi rilasciando molto lentamente la spinta erogata, per 10 volte. 

 

Presa coscienza dell’esercizio viene poi richiesta una nuova esecuzione (con le stesse dinamiche sopra presentate) ma ad occhi chiusi. 

 

Chiudere gli occhi, permette di migliorare la visualizzazione :

 

- del proprio corpo, 

- del percorso che l’impulso deve compiere dal cervello che elabora il compito fino al muscolo periferico che lo deve eseguire correttamente

- di come lavora muscolatura lombare ai lati della colonna, e se si attiva in modo simmetrico, con pari efficacia e con lo stesso timing.

 

Quando questo compito viene eseguito con piena padronanza, anche, e soprattutto, attraverso l’esecuzione domiciliare, si può passare ad una terza fase.

 

In questo programma avanzato, verrà chiesto di mantenere la compressione sull’asciugamano, e di muovere, in modo alternato prima una gamba e poi l’altra ponendo estrema attenzione ad interrompere il movimento non appena si percepisce di aver “perso” la spinta contro il sostegno lombare. Una volta recuperata la compressione (che ormai si deve aver imparato a riconoscere correttamente) si può riprendere il movimento degli arti inferiori i fino a completare una serie da 10 ripetizioni per gamba.

 

Questi esercizi possono essere considerati come i “fondamentali “del controllo dei muscoli stabilizzatori.

 

Poiché però per la maggior parte del nostro tempo non utilizziamo una posizione orizzontale, appena possibile diventa fondamentale inserire esercizi in stazione seduta ed eretta bipodalica, al fine di allenare gli stessi muscoli in modo più fisiologico in relazione alla loro funzione antigravitaria. 

 

Steps successivi saranno quelli di arrivare a fare prima esercizi in stazione monopodalica, poi su piani oscillanti (da seduti e da in piedi) per arrivare, alla fine, ad inserire le correzioni acquisite in programmi dinamici più complessi che simulino le diverse attività domestiche, professionali e sportive.

 

In collaborazione con dr. Dario Villa

areafisio.com

 

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